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Politica energetica nazionale
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Il carbone ci serve o no?

È il momento di fare chiarezza

Politica energetica nazionale

"Le azioni già messe in atto e pianificate sono adeguate ad abilitare il phase-out delle centrali a carbone ancora in esercizio sul Continente entro gennaio 2026". Questo scrive Terna, nell'ultimo rapporto sull'adeguatezza attuale e prospettica del sistema elettrico italiano, pubblicato poco più di un mese fa (v. Staffetta 03/03). Meno di un anno fa il direttore Strategie di Terna Del Pizzo assicurava che i ritardi nell'entrata in esercizio di capacità contrattualizzata col capacity market non mettevano in discussione la possibilità di chiudere i due impianti entro fine 2025 (v. Staffetta 13/06/24). Ieri l'a.d. di Enel Cattaneo, cui spetterebbe di chiudere le centrali in questione, Brindisi e Torrevaldaliga Nord (quest'ultima dopo solo 15 anni di esercizio) ha invece espresso forti dubbi che il sistema possa tenere se lo facciamo (v. Staffetta 14/04). La stessa cosa ha detto anche l'a.d. di Eni Descalzi, per la seconda volta in pochi giorni, in questo caso piuttosto a sorpresa considerato che da produttore e venditore di gas da anni insiste sulla necessità di sostituire il carbone col metano come prima strada per abbattere le emissioni globali. E il Mase a cui spetta la decisione finale (sentita Terna)? A metà marzo interpellato dalla Staffetta, il ministro Pichetto si è limitato a replicare "lo saprete quando daremo l'annuncio", aggiungendo un po' sibillinamente che al rapporto di Terna va affiancato quello dei proprietari, ossia di Enel. La sensazione, non proprio piacevole, è che la questione da tecnica sia diventata politica. Pare venuto il momento di fare un po' di chiarezza, ricordandosi sempre che, oltre a chi possiede le azioni dei produttori di energia o dei gestori di rete, in questa vicenda c'è un azionista naturale: il cittadino, oltre che consumatore di energia.

PS. Qui a fianco un grafico di Terna con la produzione delle due centrali in questione nel 2024: come si vede sono rimaste quasi del tutto inutilizzate. Nel 2025 virtualmente non hanno ancora lavorato neppure un'ora. Molto diverso il caso del 2022, quando sono state chiamate spesso a funzionare per contenere i consumi di gas durante la crisi energetica.



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