La notizia del giorno sono le indicazioni di Ursula von der Leyen per la nuova Commissione UE e in particolare, per il settore energia, quella di Teresa Ribera come prima vice presidente esecutiva, con delega per la Transizione. E' una riproposizione della figura istituzionale che fu di Frans Timmermans, che nello scorso quinquennio fu a lungo il volto del Green Deal. E' un segno di continuità in questo senso anche la scelta di Ribera, nota per posizioni piuttosto radicali in tema di transizione, sia da ministra spagnola che da co-guida delle delegazione UE alla Cop28, quando definì "disgustosa" la posizione ufficiosa dell'Opec a difesa delle fonti fossili. Nel contempo il contesto in cui ciò avviene sembra però oggi molto diverso da quello del 2019, quando al suo primo esordio alla guida della Commissione von der Leyen aveva indicato un'Europa climaticamente neutrale come "main priority" (v. Staffetta 15/07/19) e nel dare le deleghe a Timmermans aveva detto di voler fare del Green Deal il "tratto distintivo" dell'Europa (v. Staffetta 11/09/19). Nel mezzo si collocano almeno due grandi eventi spartiacque, prima la pandemia e poi la crisi energetica, che hanno messo in grave difficoltà l'economia europea - non è un caso che il protagonismo di Timmermans si sia progressivamente affievolito proprio con lo scoppio della crisi russo ucraina. Di fatto, con l'Europa passata in alcuni anni dall'ambizione di apripista della transizione al rischio di diventare vaso di coccio tra Usa e Cina, oggi la parola "green" non compare neppure in nessuna delle deleghe. Alla figura della socialdemocratica Ribera sembrano fare da contrappeso quelle del macroniano Séjourné, vicepresidente esecutivo per la prosperità e le strategia industriale, e del popolare Hoekstra, nella cui delega il net zero è legato a filo doppio con la crescita. La domanda ora è quale genere di bilanciamento ne deriverà. Se, ad esempio, l'approccio del recente rapporto Draghi - in cui le politiche di decarbonizzazione non sono mai presentate come un fine in sé ma sempre come potenziale strumento per smuovere l'economia UE dal rischio di declino e stagnazione - verrà fatto proprio con decisione dal nuovo esecutivo, il tributo politico pagato da von der Leyen agli S&D e alla Spagna potrebbe avere un peso inferiore a quanto alcuni temono. Diversamente, sarà più concreto il rischio di una riedizione dell'esperienza Timmermans o, come minimo, che spinte contrapposte in seno alla nuova Commissione finiscano per penalizzarne molto il lavoro.