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Politica energetica nazionale
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Rinnovabili, è ora di aggiornare il dibattito

Le domande ormai vecchie e quelle attuali, alla vigilia di Key

Com'è ovvio si può sempre migliorare, ma l'accelerazione delle rinnovabili in Italia è oggi ormai un fatto incontestabile. La prossima settimana andrà in scena la principale kermesse del settore, il Key di Rimini, e stavolta sarà assai più arduo ripetere i mantra del passato sulle rinnovabili “al palo” e l'Italia fanalino di coda.

Chi seguiva il corso degli eventi in tempi non sospetti – con semplice curiosità, senza interessi di parte o paraocchi ideologici – questo treno lo aveva visto arrivare da anni. Già nel 2021 la Staffetta parlava di nuovo boom del solare (v. Staffetta 29/01/21) ma ci prendevano per negatori di un sempre cronico (ma sempre più fantasmatico) ritardo italiano. Non era divinazione ma semplice lettura dei dati. Oggi quei progetti che vedevamo impilarsi sui tavoli delle Regioni e del Mase iniziano ad andare in rete, come testimoniano i dati sull'installato, e nel frattempo il settore è in crescente effervescenza.

C'è la coda al ministero dell'Ambiente per accreditarsi. Accanto ai tradizionali sviluppatori con il loro approccio mordi e fuggi vanno strutturandosi aziende integrate. Il che smentisce le favole sulla scarsa attrattività del mercato italiano. Non passa settimana senza l'annuncio di qualche operatore internazionale che sbarca in Italia o che rilancia sui suoi obiettivi nel Paese. Perché il FV (per l'eolico il discorso è un po' diverso, come la ventosità italiana) è qui per restare e per costituire una grossa fetta del nuovo mercato elettrico. Una dinamica che smentisce anche chi lamenta che a tirare sono stati finora solo il Superbonus per gli impianti domestici e la crisi dei prezzi per quelli C&I.

Oggi al “se” e per molti versi anche al “quanto” – gli obiettivi ci sono, i progetti li tracciano da vicino, anche la finanza non manca - il nodo si è più spostato sul “come”, altro tema che verosimilmente emergerà a Rimini: cornici normative, strumenti di supporto e modelli di mercato.

Chi da anni segue gli slanci e le convulsioni di questo “nuovo mondo” elettrico ha visto alcuni confini finire sotto crescente pressione e infine spostarsi. Uno di essi è quello tra Stato e mercato.

Il movimento della faglia, visibile in controluce praticamente in ogni dibattito sulle rinnovabili – si veda da ultimo l'evento EF Solare al Gse di mercoledì (v. Staffetta 21/02) – è iniziato anche in questo caso anni fa, tanto che la polarità tra transizione e concorrenza (più Keynes, meno Friedman, come di recente ha sintetizzato Massimo Nicolazzi) è stato un tema ricorrente su queste pagine dallo scorso decennio (v. ad es. Staffetta 31/05/19, 24/11/20, 10/06/21).

Una questione chiave, evocata anche in un saggio recensito ieri dal Financial Times, The Price is Wrong, in cui l'autore Brett Christopher mette il dito sulla contraddizione (ancora) irrisolta tra l'ambizione che le tecnologie pulite si affermino semplicemente in forza della loro maggiore convenienza, e la necessità invece per le istituzioni pubbliche di sostenerne lo sviluppo, con strumenti anche molto invasivi e dirigisti.

La conclusione di Christopher è che a farci uscire fuori dall'interregno tra vecchio e nuovo mondo non potrà che essere un maggior ruolo dello Stato, quella del FT – o dell'Economist, che di recente ha dedicato un intero numero ad argomentarlo (v. Staffetta 13/10/23) – è che si tratterebbe invece di una pericolosa deriva.

Lo stesso tema del resto permea questioni di attualità anche in Italia, come il dibattito sul Fer X: con un contingente di 45 GW da assoggettare a contratti bilaterali con controparte pubblica (ma un problema simile viene posto per le aste Terna sulle batterie) i target nazionali al 2030 si incanaleranno praticamente in quest'unico alveo; cosa resterà allora per le strategie merchant, chiede in pratica oggi in un'intervista alla Staffetta Stefano Cavriani di Ego Energy, da poco acquisita da Shell (v. Staffetta 23/02)?

La domanda è pertinente. Che genere di risposta vada data non è scontato e anzi buona parte del dibattito degli ultimi anni sul settore – quando non si perde in inutili polemiche – sembra proprio un costante, ma ancora aperto tentativo di tracciare un confine accettabile tra questi due mondi. Speriamo che anche Rimini sia un'occasione per fare passi avanti.




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