Secondo trimestre dell'anno in netto calo per Saras rispetto al corrispondente periodo record dello scorso anno. A pesare, oltre alle manutenzioni degli impianti, sono il calo dei prezzi e il forte decremento dei crack del diesel e della benzina.
Nel secondo trimestre 2023 i ricavi del Gruppo sono stati pari a 1.951 milioni di euro, in riduzione rispetto ai 4.749 milioni realizzati nel medesimo periodo dello scorso esercizio. Il significativo decremento, si legge nel comunicato, è dovuto in primis alla riduzione delle quotazioni dei principali prodotti petroliferi e del prezzo di vendita dell'energia elettrica. Nello specifico, nel secondo trimestre del 2023 il prezzo medio del diesel è stato pari a 710 $/ton (vs 1.184 $/ton nel secondo trimestre del 2022), il prezzo medio della benzina è stato pari a 825 $/ton (vs 1.218 $/ton nel secondo trimestre del 4 2022), il prezzo unico nazionale per la vendita dell'energia elettrica (Pun) è stato 115 €/MWh (vs 249 €/MWh nel secondo trimestre del 2022). Oltre che dall'effetto prezzo, i ricavi del secondo trimestre 2023 sono stati influenzati dai minori volumi prodotti e venduti: nello specifico le lavorazioni di raffineria sono state pari a 19,5 milioni di barili (vs 25,9 milioni di barili nel secondo trimestre del 2022), le produzioni di energia elettrica non rinnovabile sono state pari a 519 GWh (vs 1.034 GWh nel secondo trimestre del 2022). Tali significative riduzioni, scrive Saras, sono da ricondursi al piano manutentivo più oneroso (che includeva anche la fermata generale dell'impianto Igcc) e alle minori prestazioni industriali, dovute sia alla maggior durata di alcuni interventi manutentivi rispetto alle previsioni sia a fenomeni esterni.
Il risultato operativo (Ebitda comparable) pari a 27,1 milioni nel trimestre è in calo del 94%, l'Ebit comparable è negativo per 20,9 milioni contro i 411,4 milioni di un anno fa, il risultato netto comparable è in rosso per 22,3 milioni contro l'utile di 287,1 milioni di un anno fa. Nel semestre, tuttavia, i risultati restano positivi, per quanto in calo rispetto al periodo record del 2022: Ebitda comparable in calo del 40% a 312,4 milioni, Ebit comparable in calo del 49% a 218 milioni, risultato netto comparable in calo del 54% a 139,7 milioni. Saras riporta inoltre una “normalizzazione dei margini di vendita, che seppure elevati rispetto ai valori storici, si registrano in graduale normalizzazione rispetto ai valori eccezionalmente elevati dello scorso anno”.
Nel secondo trimestre l'Ebitda comparable del segmento rinnovabili è stato pari a 3 milioni di euro, inferiore rispetto a quello realizzato nel medesimo periodo del 2022 pari a 5,9 milioni. La riduzione è riconducibile per 1,7 milioni alla minore produzione (prevalentemente per minore ventosità) e per circa 1,5 milioni alla riduzione del prezzo di vendita. La produzione interessata dall'applicazione del limite del prezzo di vendita a 61 €/MWh è il 53% del totale ha ridotto il risultato economico di circa 1,6 milioni nel secondo trimestre.
Il Marketing ha contribuito all'Ebitda per 12,4 milioni (23,2 nel 2022), per via della riduzione dei volumi di vendita sia in Italia che in Spagna. In Italia, scrive Saras, tale riduzione è stata compensata da un incremento dei premi realizzati, in Spagna invece anche i premi si sono ridotti a causa del contesto competitivo.
In forte aumento gli investimenti nel trimestre: 79,3 milioni nell'Industrial & Marketing (26,1 un anno fa) e 22,8 milioni nelle rinnovabili (0,7 un anno fa), per un totale di 102 milioni. Per il segmento Industrial & Marketing gli investimenti nel primo semestre del 2023 sono stati pari a 119,0 milioni, superiori rispetto ai 45,1 milioni del primo semestre del 2022, prevalentemente per i maggiori interventi manutentivi che hanno interessato una quota significativa degli impianti. Per il segmento Renewables gli investimenti nel primo semestre 2023 sono stati pari a 24,1 milioni, investimenti che hanno riguardato l'avvio delle attività di realizzazione del nuovo parco fotovoltaico sito nel comune di Macchiareddu.
Particolarmente interessanti, come sempre, le analisi dei mercati petroliferi. All'inizio del secondo trimestre, si legge nella relazione, a seguito di dati deludenti sulla ripartenza dell'economia cinese e sull'andamento delle principali economie dell'Eurozona, le quotazioni del Brent dated hanno seguito un trend calante (da oltre 85 dollari/barile a inizio aprile, verso circa 75 a inizio maggio), per poi trovare un floor di supporto a quei livelli, grazie ai tagli produttivi dei paesi Opec+Russia. Tali interventi sono risultati determinanti nell'arginare le spinte ribassiste, e stabilizzare le quotazioni del Brent dated che quindi, nel trimestre ha fatto segnare una media pari a 78,4 dollari/barile. Quanto agli effetti dell'embargo contro la Russia, Saras sottolinea che nel corso del semestre i volumi complessivi di esportazioni dal paese non sono variati significativamente rispetto al periodo precedente il conflitto: infatti, il grezzo russo ha trovato nuove destinazioni, reindirizzandosi dal mercato europeo verso quello asiatico (in particolare Cina, India e Turchia).
Quanto alla raffinazione, nel secondo trimestre del 2023 il crack della benzina si è mostrato particolarmente robusto, con una media pari a +20,5 $/b e picchi di oltre 26 $/b a metà giugno (rispetto a una media record di +31,9 $/b nel secondo trimestre 2022, che era stata però caratterizzata dalle fasi iniziali del conflitto russo-ucraino). Un andamento riconducibile all'inizio della driving season nel bacino atlantico che, insieme alle manutenzioni primaverili, ha mantenuto le scorte a livelli decisamente bassi. Infine, anche nel secondo trimestre 2023, il crack della benzina ha beneficiato della carenza di componenti alto-ottaniche, nonostante vi siano stati vari tentativi di bilanciamento tramite flussi record di alchilato indiano verso la costa atlantica degli Stati Uniti.
Il crack del diesel è sceso ad aprile a valori in linea con quelli pre-conflitto (circa 10 $/b), penalizzato dall'aumento dei volumi di importazione e da un parziale rallentamento della domanda industriale nell'area europea, colpita dalle pressioni inflazionistiche. Solo a giugno, un rallentamento delle esportazioni asiatiche, dovuto sia a una ripartenza dell'economia cinese con una conseguente riduzione delle esportazioni sia a fenomeni temporanei quali la chiusura provvisoria di un importante porto indiano, ha consentito al mercato europeo di smaltire le scorte in eccesso, e il crack si è riportato a circa 20 $/b. Nel complesso, la media trimestrale del crack è stata pari a +16,8 $/b nel secondo trimestre, significativamente inferiore ai 44,8 $/b nel secondo trimestre del 2022.
Già nel primo trimestre il crack del gasolio era calato, tra febbraio e marzo, intorno a 25 $/b. Tale calo in Europa, scrive Saras, si è realizzato in un contesto di inventari particolarmente elevati e consumi inferiori alle aspettative. Infatti, in vista del temuto inizio dell'embargo di prodotti di origine russa (entrato in vigore a partire dal 5 febbraio), molti operatori europei avevano iniziato a incrementare gli acquisti e accumulare scorte, facendo affidamento a flussi importanti di distillati medi da paesi asiatici non aderenti all'embargo (India, Cina, oltre che Turchia) che, destinando il prodotto russo, più conveniente, al consumo interno, hanno contestualmente aumentato i flussi di esportazione dalle raffinerie locali verso l'Europa. L'offerta di gasolio non è quindi venuta a mancare nel mercato europeo ed anzi, ha superato abbondantemente i consumi che sono stati invece condizionati dal rallentamento del settore industriale, oltre che dal minore ricorso al gasolio in sostituzione al gas (sia per un prezzo del gas in riduzione, e sia anche per le temperature invernali più miti rispetto alla media stagionale). Nel complesso, la media del crack nel primo trimestre si è attestata a 30,6 $/b (19 $/b un anno prima).