“Il problema della Sicilia è che ha troppi sensali”. Così Gaetano Armao, presidente commissione Via della Regione Siciliana, ha risposto a una domanda sulle “best practice” in materia di rinnovabili, nel corso della tavola rotonda organizzata in settimana da Erg in occasione dell'inaugurazione del rifacimento dell'impianto eolico di Partinico Monreale (v. Staffetta 26/10). Questi “sensali”, ha detto Armao scusandosi per l'espressione un po' colorita, mettono sotto pressione gli uffici, intasano le scrivanie e sfruttano l'amministrazione pubblica per avere un vantaggio sul mercato. E, si può aggiungere, spesso occupano la rete elettrica con richieste fantasma (o zombie) ritardando gli iter di chi gli impianti li vuole realizzare veramente.
Il problema della “disintegrazione della filiera” delle rinnovabili è stato affrontato su queste pagine da più di quindici anni (v. Staffetta 16/03/07). Allora a spingere di più era l'eolico e quindi il fenomeno riguardava soprattutto quella fonte. Oggi i “sensali” sono attratti soprattutto dal fotovoltaico, anche per la minore complessità dei progetti.
Vale la pena riprendere l'intero ragionamento di Armao. “Ci sono iniziative come quella di cui sto parlando oggi sul repowering, portate avanti da grandi gruppi, che certamente hanno un ritorno molto positivo sul territorio e vanno supportate e velocizzate al massimo, anche con la riforma della Commissione tecnica speciale. E poi – ha aggiunto – ci sono altre a cui io non posso non fare riferimento, che sono la gran parte delle istanze. Ci troviamo ad esempio di fronte a un progetto di 500 ettari, 380 MW, 250 milioni di investimento, e la società proponente ha un capitale sociale di 10mila euro. È evidente – ha detto Armao – che se l'investimento è serio, non lo strutturi in un modo così fragile. Già solo gli oneri per la valutazione ambientale valgono 250 volte il capitale sociale”.
Qui Armao ha parlato dei “sensali”: il problema della Sicilia, ha detto, “è che ha troppi sensali, cioè sono troppi i soggetti che non hanno dietro una azienda e si muovono con l'idea di catturare qualche autorizzazione e qualche valutazione ambientale per poi presentarsi ai grandi gruppi per piazzare l'impianto fotovoltaico”.
“Noi – ha proseguito – stiamo cercando di spostare il più possibile l'interlocuzione con i grandi player che vogliono investire e dare valore alla Sicilia, e limitare al massimo queste intrusioni di operatori che cercano di costruire valore addirittura sfruttandoci. Perché quando io faccio una società da 10mila euro e cerco di catturare la valutazione ambientale positiva, in qualche modo utilizzo l'amministrazione per dare valore alle mie iniziative, presentandomi poi sul mercato con un vantaggio competitivo. Questo – ha concluso – va certamente scongiurato. Mentre i grandi operatori, e ce ne sono tanti a livello nazionale e internazionale, devono investire sulla Sicilia, crescere, metterci la faccia, metterci il capitale”.
Alcune osservazioni. La prima, di pura logica: se ci sono i “sensali”, evidentemente c'è qualche difficoltà nel gestire “normalmente” e direttamente le pratiche. E se c'è chi vende, c'è anche chi compra. Non che ci sia nulla di illecito, fino a prova contraria, e se il mercato struttura la filiera in questo modo, evidentemente è il più efficiente – anche se pagare un'autorizzazione 200-300mila euro al MW fa nascere qualche domanda su cosa significhi “efficiente”.
La seconda riguarda le distorsioni che può portare questo fenomeno. A parte l'intasamento degli uffici e delle reti, ci si può chiedere se questa spinta porti a sviluppare impianti non dove c'è spazio sulla rete, dove c'è domanda elettrica o dove c'è la risorsa, ma dove i terreni costano meno, dove le regole sono più lasche o dove, per un motivo o per l'altro, gli uffici pubblici sono più accessibili.
La terza riguarda le possibili soluzioni. Mettere delle barriere all'ingresso non sembra soluzione facilmente praticabile. Più interessante sembra l'invito di Armao a “metterci la faccia”. Come ha fatto Erg questa settimana, come ha fatto Engie, sempre in Sicilia, nei mesi passati. E al contrario di quanto fanno molti fondi, che magari inviano comunicati per far sapere al mercato che hanno in mano l'autorizzazione, così da far contenti gli investitori, ma poi quando si tratta di dire dove sorgerà l'impianto si ritirano come paguri nel guscio per paura, evidentemente, di contestazioni territoriali e beghe di sorta.
Siccome la pressione degli investitori è fortissima e siccome – checché ne dicano osservatori un po' distratti o troppo direttamente interessati – il ritmo delle autorizzazioni è ormai in molte Regioni allegro con brio, è tutt'altro che marginale che chi si presenta allo sportello autorizzazioni lo faccia con tutti i crismi, senza nascondersi dietro gli obiettivi UE, le tonnellate di CO2 risparmiate e via di banalità Esg. Affrontando tutte le complessità del caso, con nome, cognome e indirizzo.