La vicenda di Ombrina mare, con l'Italia che deve 190 milioni più interessi a una società petrolifera per averle bloccato un progetto dopo anni di indecisioni, ha implicazioni che vanno oltre il caso specifico e meritano di essere ricostruite. Sulle trivelle inciampò il governo Renzi: la decisione nel 2014 di sbloccare la ricerca e produzione di idrocarburi suscitò le proteste dei no triv, che sollecitarono le Regioni a chiedere un referendum. Diverse Regioni sottoscrissero la richiesta e ottennero l'indizione del referendum. Per sgonfiarlo, l'allora premier fece una giravolta, bloccando i permessi che aveva sbloccato appena un anno prima. Nel 2016 il referendum comunque si tenne, non ottenne il quorum ma vide una maggioranza schiacciante dei no triv (tra cui M5S e Lega). Lo scontro su Ombrina risaliva a prima e vede protagonista tra gli altri l'allora presidente della Regione Abruzzo Luciano D'Alfonso, la cui Giunta nell'ottobre 2015 aveva emanato una legge che, per fermare il progetto, neutralizzava la norma sblocca trivelle di Renzi. La legge fu poi impugnata dal governo e bocciata dalla Consulta.
E' una vicenda che riassume in modo esemplare le evoluzioni della politica degli ultimi anni. Una decisione - lo sblocca trivelle - importante, tanto più oggi alla luce degli eventi dell'ultimo anno, che però non venne supportata e motivata adeguatamente e anzi il governo l'accompagnò con inutile scherno verso i "comitatini"; a dispetto di questo, il dietrofront dopo appena un anno per il timore di difenderne le ragioni di fronte alle opposizioni locali e ai “no”; l'idea di sabotare il referendum invece di provare a vincerlo (lo stesso era successo col nucleare del centrodestra pochi anni prima); il potere di ricatto delle amministrazioni locali; la pratica di lucrare facile consenso speculando sui timori della popolazione; le politiche a geometria variabile (a seconda che si stia al governo o all'opposizione) dettate dall'opportunismo, tanto più dannose in un settore strategico come quello energetico. Risultato: una totale assenza di direzione, che ieri è costata all'Italia 190 milioni più interessi. E ancor più ci costa in credibilità.