Nel complesso tra fine 2020 e tutto il 2021 i costi medi di importazione del gas in Italia risultano piuttosto allineati a quelli del mercato all'ingrosso e ai prezzi finali di tutela. Un sensibile disallineamento si vede invece nel primo trimestre 2022 ed è prevedibile nel terzo, ma almeno per ora non sembra percorribile l'idea di trasferire ai clienti finali l'apparente extramargine, che peraltro non considera le coperture finanziarie. Meglio al momento ribaltare sulle bollette del gas le tasse sui profitti delle società energetiche introdotte dal governo in questi mesi.
Sono alcune delle conclusioni a cui giunge l'Arera nel suo atteso rapporto sui risultati del monitoraggio dei contratti di importazione gas svolto in attuazione del DL 21/2022.
In particolare secondo il regolatore l'idea di utilizzare l'analisi svolta finora per legare i prezzi finali del mercato tutelato - come chiesto da una norma della legge di conversione del DL 17/2022 - ai “reali costi di importazione”, che nel caso ad esempio dei contratti dall'Algeria appaiono sensibilmente inferiori, trova un forte limite nel fatto che anche nel caso dei contratti di import più “economici” gli operatori titolari stipulano coperture finanziarie che, nota sempre Arera, di fatto allineano il costo reale sostenuto (prezzo di contratto + copertura) a quello del mercato all'ingrosso.
Per questo per ora secondo il regolatore è preferibile trasferire ai clienti finali il gettito della tassa sugli “extraprofitti”, che se ci sono sono distribuiti "lungo la filiera" e quindi da intercettare con un prelievo a livello di gruppo. Trasferimento da effettuare magari attraverso sgravi sulla componente UG2 come già fatto da Arera nel secondo trimestre.
Trasferire ai consumatori un extramargine legato ai contratti d'importazione dai valori più bassi a quelli del mercato all'ingrosso potrebbe tornare invece di attualità nei prossimi mesi, in particolare verso la fine dell'anno, quando rinegoziazioni straordinarie oggi in corso su alcuni contratti in corso dovrebbero diventare operative, in quel caso non ancora accompagnate da coperture finanziarie.
Anche in questo caso l'Arera propone di “girare” l'eventuale extramargine ai consumatori, limitatamente alla quota di gas contrattualizzato necessaria a soddisfare la domanda dei piccoli clienti, attraverso la componente UG2 e attraverso un meccanismo “a due vie”, in modo da distorcere il meno possibile il mercato.
In una simile prospettiva, nel contempo, per l'authority è "necessario evidenziare come la possibilità di non considerare le operazioni di copertura nelle condizioni sopra identificate nonché l'insieme dei contratti e le relative quantità cui la misura dovrà essere applicata debbano essere definite da una norma di rango primario".
Inoltre "il periodo temporale su cui tale misura potrebbe avere effetti (tendenzialmente a partire dall'inizio del prossimo anno) non è compatibile con l'attuale termine del servizio di tutela gas e gli effetti delle revisioni di prezzo potrebbero portare ad un allineamento delle condizioni economiche dei contratti ai prezzi forward del mercato all'ingrosso e, in caso di calo di questi ultimi, a condizioni economiche che potrebbero risultare, ancorché temporaneamente, svantaggiose rispetto al mercato all'ingrosso".
Tra i contenuti del rapporto, in tutto di una trentina di pagine, emerge tra le altre cose che un 70-80% del gas contrattualizzato (in tutto oltre 70 mld mc/a di volumi) è indicizzato agli hub (per circa due terzi all'andamento del forward mensile) e il restante 20-30% al Brent.
Nel testo figura anche un paragrafo dedicato a un confronto tra i risultati dell'analisi e i dati Istat/Dogane e quelli - derivati da questi ultimi - dei rapporti trimestrali della Commissione UE. Nel paragrafo si conferma tra le altre cose che, come già riportato dalla Staffetta, i dati dell'ultimo rapporto trimestrale UE erano basati sui valori “sbagliati” di Istat e oggetto di una brusca correzione a metà marzo da parte dell'Istituto di Statistica.