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di Massimo Nicolazzi e Lorenzo Parola

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La via giudiziaria alla transizione

Un commento della sentenza Shell

Manifestazione per il clima davanti<br> a pv Shell a l'Aja
Manifestazione per il clima davanti
a pv Shell a l'Aja

Neminem laedere. Se procuri danno, ne sei responsabile. Principio giuridicamente pressoché universale. E che però in salsa olandese ha avuto nuove declinazioni.

La Shell a giudizio (v. Staffetta 27/05). I giudici premettono certezza di riscaldamento globale, di sua dannosa nocività, ed anche di sua generazione da combustione fossile. Il riscaldamento è globale; ma perciò fa danno anche in Olanda e Shell è un emittente fossile olandese. A L'Aja se ne può giudicare; e dunque vi è giurisdizione.

Ma dove fondo l'antigiuridicità del danno? Libro VI, Sezione 162 del Codice Civile Olandese. Vi è un tort, insomma vi è responsabilità allorquando ricorre una “violazione di norma non scritta relativa ai corretti comportamenti sociali” (trad. nostra). Che scritta così sembra che tu la possa riempire di quel che vuoi; ma comunque ti impone di applicare alla tua vita sociale uno standard of care (il “corretto comportamento sociale”); o se preferite un po' di diligenza.

Gli olandesi sono danneggiati (secondo sentenza e per limitarci alla loro salute, da “onde di calore, aumento delle malattie infettive, peggioramento della qualità dell'aria, aumento dell'esposizione alle radiazioni UV, e aumento delle patologie derivanti da contaminazione di cibo e acqua”); le emissioni fossili sono la fonte del danno; e la Shell emette. E dunque quale standard of care dovrebbe provare Shell per evitare responsabilità?

La Corte scava per convenzioni internazionali, Ipcc e Ungp (United Nations Guiding Principles) e vari altri strumenti di "soft law"; ne deduce che un comportamento socialmente corretto non possa che essere un comportamento coerente all'obiettivo di arrestare il riscaldamento a +1,5°C, e perciò un comportamento coerente con l'obiettivo net zero 2050. Qualunque comportamento difforme costituirebbe una violazione dei diritti umani dei soggetti esposti al riscaldamento. E dunque il Giudice ordina alla Shell di ridurre entro il 2030 del 45% le sue emissioni in atmosfera rispetto a quelle del 2019.

Sin qui, in pillole, la sentenza. Anche affascinante nella sua ricostruzione del neminem laedere uber alles. Ma che ti lascia comunque con non pochi interrogativi; e financo perplessità critiche. Proviamo a elencarne qualcuna.

Shell un piano di riduzione delle emissioni ce lo aveva. Ma il Giudice non sembra assai fidarsene. E usa, ad esempio, come indizio di scarso impegno il fatto che i bonus al management siano calcolati solo per il 10% su obiettivi relativi alla decarbonizzazione e per il rimanente 90% su “performance financial indicators”, insomma e volgarmente sul portare a casa del profitto. Attenti però, se possiamo, a far passare l'idea che per i manager fossili far profitto sia peccato. Le loro società stanno ancora in Borsa; e pure ricche di piccoli azionisti e anche fondi pensione. Poi magari devono cercare di investire in transizione e non in fossili tradizionali; però comunque sempre con obiettivi di profitto, e non di espiazione.

Shell lamenta che costringerla a scendere del 45% avrà come unico effetto quello di far sì che quello che essa non può più produrre, ciò che insomma essa non emetterà, sarà emesso da altri. No, dice il Giudice; perché i diritti umani sono cosa seria e universale, e dunque anche i concorrenti si dovranno conformare. Né rileva che Shell già sia per legge autorizzata a emettere gas a effetto serra e, correlativamente, obbligata a compensare tali emissioni semplicemente adempiendo ai propri obblighi previsti dal Sistema Ets: a Shell si chiede di fare meglio. Laddove magari il Giudice pensa di parlare di diritto; ma comunque produce politica. Perché non può non sapere che il ragionamento in salsa olandese sarà utilizzato per cercare di portare in Corte tutte le società petrolifere occidentali; ma anche che l'idea che la produzione di idrocarburi violi diritti umani produrrà al più divertito stupore nelle sue traduzioni in arabo e in russo, ed anche in generale nelle lingue praticate in Opec. Insomma il neminem laedere se funziona non funziona dappertutto; e la sua applicazione al solo Occidente crea distorsioni (anche del Sistema Ets) e vantaggi competitivi per i grandi Produttori di Stato (segnatamente non europei).

Shell si prova a raccontare che non tutte le emissioni sono sue. Scope 1 sono le emissioni generate direttamente dall'attività caratteristica (ricerca, produzione, raffinazione…); Scope 2 fa riferimento alle emissioni causate dalla generazione dell'elettricità impiegata nell'attività caratteristica; e Scope 3 alle emissioni causate dai consumi finali. Argomenta Shell che essa non c'entra con i comportamenti e le decisioni del consumatore finale. Se io acquisto un'auto con un motore inefficiente o guido sempre al massimo dei giri emetto molto di più di quanto potrei; e cosa c'entra Shell? C'entra, dice il Giudice senza entrare in dettaglio. E probabilmente c'entra in realtà perché il consumatore è difficilmente tracciabile; e contemporaneamente concentrare tutto su Shell la rende più immediatamente sanzionabile. Per capirci, l'85% delle emissioni imputate dalla Corte a Shell sono Scope 3. Scaricatele sul consumatore, e c'è rischio che ne risulti che Shell non sta ledendo nessuno.

Che poi in realtà e per apparente paradosso è ciò che il Giudice riconosce. Il comportamento di Shell è dichiarato “not currently unlawful”. E difatti la sentenza non condanna per il passato ma prescrive per il futuro. Se hai creato un danno ingiusto per responsabilità civile ti tocca risarcire. Qui no, perché non lo hai (ancora) creato. Se rispetti lo standard of care che ti ho prescritto e abbassi del 45% le tue emissioni da qui al 2030, pur se continui ad emettere, non sei responsabile. Non ti condanno per responsabilità civile per quanto hai emesso sino ad oggi; ti prescrivo il comportamento che devi tenere per non essere condannato domani. Nessuno fu leso; e se mi obbedisci nessuno sarà leso. Tu non danneggerai nessuno. Il neminem laedere si trasforma d'incanto in neminem laedito; e per di più provvisoriamente esecutivo. Come poi un tribunale potrà da qui al 2030 controllare periodicamente la coerenza di Shell alla prescrizione è interrogativo che lasciamo volentieri a voi (e al Tribunale). Lato nostro ci limiteremo a seguire con interesse l'appello già preannunciato da Shell.

E' replicabile il neminem laedere in salsa olandese? Il neminem laedere è universale; la salsa olandese meno. La decisione è rimessa alle singole giurisdizioni nazionali; ed è anche funzione Paese per Paese di come il principio sia stato declinato in norma positiva. Per far d'esempio, noi abbiamo qualche difficoltà a pensare che il nostro articolo 2043 Cod. Civ. possa accomodare un neminem laedito. Però ci rendiamo conto che ovunque in Occidente ci si proverà a replicare. Proprio in questi giorni si annuncia un'azione di classe funestamente denominata "Giudizio Universale" (sic!) contro lo Stato italiano. Ora il nuovissimo istituto della "class action" all'italiana (entrata in vigore proprio nelle scorse settimane) amplia molto gli spazi di manovra per "titolari di diritti omogenei", anche per violazioni del neminem laedere. Non si capisce però come lo Stato possa essere destinatario di tali azioni posto che nel determinare i propri obiettivi di decarbonizzazione non agisce né come impresa né come ente gestore di servizio pubblico. Resta il timore che qualche giudice disposto a soprassedere al dettato testuale della norma in favore del futuro dell'umanità e di un'apocatastasi climatica potrebbe non essere difficile da trovare.

Ultima considerazione, e se possiamo “politica”. Dice il Giudice che nel confronto non c'è “room for weighing interests” (“spazio per un bilanciamento di interessi”, ndr). L'interesse al controllo e prevenzione del riscaldamento globale è valore assoluto e incompromettibile. Che se pensate al weighing con gli interessi di cui è portatrice Shell rischia quasi di sembrarvi normale. Però attenti all'insidia. Tutte le volte che un Giudice proclama un diritto assoluto e incompromettibile in realtà sta acquisendo giurisdizione a spese della Politica. Nella vita pratica l'assoluto non esiste; e la nostra vita sociale è un continuo mediare e compromettere tra diritti e valori. Pensate a Salute e Lavoro. Un qualche conflitto vi è comunque inevitabile (e senza arrivare all'Ilva; che il compromesso è comunque necessario perché, come qualcuno ha scritto, “lavorare stanca”); e il mestiere della Politica dovrebbe (anche) essere quello di provvedere la mediazione. Il Giudice che proclama l'Assoluto toglie la mediazione alla Politica e la avoca a sé (e qui il richiamo all'Ilva si fa invece pertinente).

Poi per carità quando questo succede è anche perché la Politica abdica, e non è più capace di governare la mediazione (e quindi anche, in senso proprio, di “governare”).



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