Un anno fa l'Economist dedicava uno dei suoi editoriali alla necessità di ripensare il modo di affrontare il cambiamento climatico, soprattutto per le imprese (v. Staffetta 27/02/19). Lo scorso 21 settembre lo stesso settimanale usciva con l'ormai famosa copertina sull'aumento delle temperature. Due degli elementi che hanno fatto del 2019 l'anno della piena consapevolezza – anche nel mondo economico e mainstream – della necessità di prendere di petto l'emergenza climatica.
Nello stesso mese di settembre, in Italia è uscito il volume “Elogio del petrolio” di Massimo Nicolazzi (v. Staffetta 17/09/19). Il mese scorso ha visto la luce “Il petrolio nell'era del post petrolio”, raccolta di interventi di Salvatore Carollo (v. Staffetta 30/01). Una “onda lunga” nella riflessione sulla transizione in Italia nella quale possiamo inserire anche “Le trappole del clima” di GB Zorzoli* e Gianni Silvestrini** (Edizioni Ambiente, 194 pagine, 20 euro), che sarà in libreria a inizio marzo, come terzo atto di una ideale “trilogia della transizione”.
“Le trappole del clima” è la riflessione di un mondo ambientalista pragmatico sull'insuccesso dell'Accordo di Parigi e a valle delle proteste dei gilet gialli. Una riflessione che porta a esaminare con attenzione gli argomenti di chi constata le resistenze della realtà al mero innalzamento degli obiettivi (diversi i riferimenti in questo senso alle più recenti riflessioni di Enzo Di Giulio su Energia e RiEnergia). Come il mondo “fossile” si è trovato a dover elaborare risposte sulla questione climatica, così, di converso, il mondo “verde” percepisce la necessità di fare i conti con alcuni grandi insuccessi e con la refrattarietà della realtà ai richiami catastrofisti – o alla semplice giustezza delle proprie posizioni: “Avere troppo a lungo trascurato l'elaborazione di risposte razionali a questi problemi – scrivono gli autori – ha favorito la tentazione di liquidare le resistenze degli interessi lesi, trasformando in nemico da criminalizzare chiunque le manifesti”.
Fa parte di questa problematizzazione il fatto di inquadrare la questione climatica negli obiettivi di sviluppo sostenibile dell'Onu (Sdg): “le politiche di contrasto al cambiamento climatico possono avere successo solo collocandole all'interno di uno sviluppo globale inclusivo, cioè con lo sviluppo della green society esteso a tutto il mondo, unico modo per garantire dovunque il consenso a politiche in grado di contrastare con efficacia il cambiamento climatico”. In questo senso, “Le sfide che ci attendono impongono un cambio di passo anche sul fronte dell'ambientalismo o meglio, di un certo ambientalismo”.
Ne deriva un pessimismo della ragione, perché le questioni da affrontare si trasformano in veri e propri rompicapi – da cui il titolo “Le trappole del clima”: dall'effetto rimbalzo nell'efficienza, all'aumento delle temperature anche dalla produzione da rinnovabili, fino alle esigenze parzialmente contrastanti tra clima e qualità dell'aria).
Il ragionamento si snoda sul passaggio da green economy a green society, in cui la sostenibilità “non è un nuovo settore economico che si affianca a quelli esistenti ma la trasformazione evolutiva dell'economia tradizionale, energivora e poco rispettosa dell'ambiente, in un'economia responsabile e ambientalmente compatibile”, che veda innanzi tutto una riduzione dei consumi.
Va da sé che questo sfocia nella messa in questione dello stile di vita consumistico e, alla fine, dello stesso sistema capitalistico per come lo conosciamo, con l'obiettivo di incorporarvi il senso del limite, un'espressione che richiama i lavori del Club di Roma. Secondo gli autori, “nel lungo termine sembra inevitabile pervenire globalmente a uno stato di equilibrio dinamico”. Una tesi che “va controcorrente rispetto alla tesi dominante, secondo la quale è possibile realizzare il disaccoppiamento a un tempo globale e permanente tra crescita economica ed emissione di gas serra”, mentre “la popolazione del pianeta va stabilizzata al livello più basso possibile nel tempo minore possibile, nel contempo conservando un ragionevole equilibrio per fasce d'età”.
Perno della transizione “è l'adozione condivisa da tutti gli Stati o almeno da quelli con maggiore peso economico, di un indicatore del Benessere equo e sostenibile, che a tutti gli effetti affianchi e poi sostituisca il Pil nell'orientare le scelte economiche, mentre le grandi aziende dovrebbero correlare i propri business plan agli Sdg”. Una transizione in cui non è prevista una “brusca discontinuità” ma “si dovranno adottare misure particolarmente incisive, dirompenti” per le quali servono “molte risorse finanziarie”. Per le quali gli autori riportano quanto indicato da Enrico Giovannini su “debito intergenerazionale” e “capitale naturale” nell'intervista rilasciata alla Staffetta in occasione della designazione come “Uomo dell'anno 2019” (v. Staffetta 21/12/19).
I macro scenari presentati (e le prospettive catastrofiche in caso di inazione) fanno da sfondo a soluzioni più o meno a portata di mano: eliminare l'obsolescenza programmata, introdurre una carbon tax, elettrificare (soprattutto la mobilità), utilizzare la leva fiscale (sui carburanti ma anche su zucchero, plastica e carne), eliminare i paradisi fiscali, mentre si cerca di spingere nel ripostiglio soluzioni ritenute inefficaci: dal nucleare alla Ccs fino alle “pericolose fantasie” della geoingegneria – mentre c'è il “placet” sulla riforestazione e sulla conversione ecologica dell'agricoltura. Quanto al ruolo delle compagnie Oil&Gas, apparentemente inconciliabile con i nuovi assetti, gli autori indicano “una via di uscita (…) nella diversificazione delle proprie attività in settori destinati ad avere un ruolo importante nella transizione energetica”.
Infine, i “nemici”: chi rema contro sono gli Stati Uniti di Trump (nonostante il calo record delle emissioni nel 2019), la Russia di Putin, l'Arabia Saudita, il Brasile di Bolsonaro, il gruppo est-europeo di Visegrad.
“L'esercizio del massimo pessimismo consentito dalla nostra intelligenza – concludono gli autori – ci ha permesso di descrivere un buon numero di trappole da evitare per procedere senza inciampi nel percorso verso la decarbonizzazione delle nostre società, e di rendere palese che utopistico è oggi pensare di poter tranquillamente continuare all'insegna del business as usual”. Da cui l'ottimismo della volontà, “unico strumento per realizzare una spinta collettiva in grado di contrastare la crisi climatica”.
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* GB Zorzoli, già docente al Politecnico di Milano, e membro dei Cda di Enea ed Enel, insegna al Master Efer dell'Università La Sapienza di Roma e al Master Ridef del Politecnico di Milano. È presidente del Coordinamento Free, membro del Cda dell'Aiee e del Consiglio nazionale degli Stati generali della green economy. Ha pubblicato saggi, articoli e libri su temi energetico-ambientali. Tra questi: Il dilemma energetico (1975), Proposte per il futuro (1976), Il pianeta in bilico (1988), Il sistema elettrico e le nuove sfide tecnologiche (1997), Un mondo in riserva (2006), Elettricità dal sole (2010), I due volti del mercato elettrico (2012), Quale mercato elettrico? (2017). È editorialista della Staffetta.
** Gianni Silvestrini ha svolto attività di ricerca presso il Cnr e il Politecnico Milano, dove è responsabile del Master Ridef. È stato direttore generale del ministero dell'Ambiente e consigliere al ministero dello Sviluppo economico. È presidente della società Exalto Energy&Innovation e direttore scientifico del Kyoto Club e della rivista e portale QualEnergia. Con Edizioni Ambiente ha pubblicato nel 2010 "La corsa della green economy" con Antonio Cianciullo e nel 2016 "2°C. Innovazioni radicali per vincere la sfida del clima e trasformare l'economia".