È autunno, e il tema delle accise torna a scaldarsi. La prossima settimana dovrebbe arrivare la nota di aggiornamento del Def, poi toccherà alla legge di Bilancio. Due documenti che inizieranno a chiarire quale sarà la posizione del governo in materia di fisco ed energia (accise, Iva, tax expenditures), per ora oggetto di annunci, spot e polemiche. Poi tutto arriverà in Parlamento dove, con il ricompattamento del centrodestra e il riaffiorare dell'ipotesi elezioni, c'è da aspettarsi un assalto alla diligenza da far spavento. E non solo da Iva e accise c'è da temere rincari sui prezzi dei carburanti.
Dopo gli annunci politici degli ultimi mesi, registriamo che ieri per la prima volta il Governo si è espresso ufficialmente e nella sede istituzionalmente più corretta (il Parlamento) sulla questione delle accise. E la risposta è stata piuttosto chiara. Le accise non hanno componenti né “componenti anacronistiche”; il taglio delle accise è tecnicamente possibile ma molto oneroso dal punto di vista del gettito per le casse pubbliche; a legislazione vigente è previsto, dal prossimo primo gennaio, un aumento delle aliquote per via di una vecchia clausola di salvaguardia introdotta dal Governo Renzi, un aumento nell'ordine dei 3-4 euro per mille litri. Relativamente poca cosa, ma resta un aumento.
Non sembra casuale che a rispondere in questo modo a un'interrogazione sulle accise sia stato un componente grillino del Governo. Se infatti la riduzione delle accise è un cavallo di battaglia per il vice premier Salvini (e quindi per tutta la Lega), il M5S è molto più tiepido su questo fronte: ridurre le tasse su prodotti energetici fossili è contrario alla stessa ragione sociale del Movimento. La risposta è inoltre insolitamente completa, chiara e ben argomentata: nessuno obbligava il sottosegretario a ricordare che a legislazione vigente è previsto un aumento, e nessuno lo obbligava a chiarire, sembrerebbe anche con un tocco di ironia, che le accise non hanno componenti né componenti anacronistiche, e che tecnicamente, certo, si possono tagliare, con il piccolo particolare che tagliarle costa, ahimé, un sacco di soldi.
Insomma, sembra di capire che su questo fronte Lega e Cinque Stelle non siano proprio accordati. Tanto più che il ministro Tria ancora non ha assegnato le deleghe: a via XX settembre l'aria non sembra delle più rilassate.
Sull'aumento dell'Iva siamo ancora fermi agli annunci e ai bracci di ferro, tra richieste di fondi dai ministeri “politici” e richiami al rigore dal Tesoro. Ci sono dodici miliardi e mezzo di euro di clausole di salvaguardia da disattivare. L'idea che sembra andare per la maggiore prevede aumenti selettivi delle aliquote più basse, mentre sembra aver perso quota la prospettiva di intervenire sul “tabellone” cioè sulle agevolazioni fiscali (che comprendono, tra l'altro, gli sconti sull'accisa all'autotrasporto, le agevolazioni per le zone montane e anche i famosi “80 euro” di Renzi).
Il problema, va da sé, è trovare le coperture. Oltre al condono fiscale, su cui sembra esserci un sostanziale accordo politico tra le due anime del governo, una delle poche strade percorribili sembra essere quella di utilizzare i fondi recuperati dalla lotta alle frodi nella distribuzione carburanti. Un gettito aggiuntivo tutto da verificare, visto che, anche dopo la notevole stretta introdotta lo scorso anno, i risultati sembrano ancora tutt'altro che consolidati. E anzi arrivano segnalazioni dal territorio di una ripresa in grande stile delle transazioni truffaldine con false dichiarazioni di intento.
Nella risposta del sottosegretario Villarosa c'è una altro punto degno di nota. Il prezzo del petrolio viene definito nell'interrogazione “stabile” negli ultimi cinque anni, considerazione che il sottosegretario fa propria. Uno strano arco di tempo su cui misurare i prezzi, visto che solo rispetto a un anno fa la quotazione del Brent è salita del 40%. A proposito: in caso di aumenti così consistenti è tuttora in vigore una norma, introdotta nel 2007 dal Governo Prodi, secondo cui il ministero dell'Economia deve tagliare le accise con decreto ministeriale per compensare il surplus di gettito Iva dovuto all'aumento del prezzo del petrolio (v. Staffetta 11/09).
Infine, due note a margine che riguardano il prezzo della benzina. Dalla fine di luglio a oggi i prezzi dei carburanti alla pompa in Italia sono rimasti pressoché invariati, mentre nel resto d'Europa, e soprattutto in Germania, sono aumentati con forza. Una dinamica che ha fatto azzerare la differenza tra i prezzi in Italia e nel resto dell'area euro (tasse escluse, ovviamente). Oggi sia la benzina che il gasolio costano in Italia meno che nella media dell'area euro. I motivi possono essere diversi, e magari ci torneremo prossimamente. Ma intanto i numeri dicono questo.
Seconda notazione: a far alzare i prezzi alla pompa non sono solo le accise o il petrolio, ma anche le politiche di finanziamento delle fonti rinnovabili. È entrato in vigore da qualche mese, scatenando un interesse spasmodico, il decreto sugli incentivi al biometano. Dal ministero dello Sviluppo economico fanno notare – giustamente – che la misura non ha effetti sulle bollette. Meno corretta, o quanto meno incompleta, è l'asserzione per cui a pagare gli incentivi saranno i petrolieri. È vero che l'obbligo di comprare il biometano a prezzi incentivati è in capo a chi immette in consumo carburanti “fossili”. Ma, non essendo le compagnie delle associazioni di beneficenza, è ovvio che ribalteranno il costo di acquisto sul prezzo alla pompa. In altre parole, il pieno costerà di più. Già oggi quando andiamo a fare benzina finanziamo la produzione di biocarburanti con circa un centesimo e mezzo di euro per ogni litro, per un totale di circa settecento milioni di euro l'anno. Insomma: è giusto, per carità, avere trovato il modo di non gravare sulle bollette – anche perché ormai il “trucco” degli oneri è scoperto e politicamente non più spendibile con facilità. Ed è vero che nel prezzo della benzina non c'è una voce “A3” da cui si capisce quanto costano i carburanti rinnovabili. Ma il fatto che gli oneri non si vedano non significa che non ci sono. Significa solo che, anche in questo caso, paga Pantalone. Senza neanche saperlo.