Sul tema in ottobre alla Camera la viceministro Bellanova aveva glissato elegantemente (v. Staffetta 06/10/17), ora il motivo sarà più chiaro: è arrivato infine il conto del dissesto di Gala e degli altri venditori di elettricità che negli ultimi anni, non riuscendo a restare sul mercato, hanno lasciato dietro di sé ingenti debiti verso i distributori. E il punto di caduta alla fine è per una buona parte (anche se non interamente) quello temuto: a pagare un debito da centinaia di milioni, causato anche da scelte imprudenti degli operatori, saranno i consumatori finali (v. Staffetta 05/02).
L'Autorità per l'energia, a valle di una consultazione avviata il 4 agosto, ha varato in queste ore un meccanismo di socializzazione del “buco”, anche se limitato alla sola quota relativa agli oneri di sistema. Ossia un po' più della metà del totale, che con i paletti inseriti dal regolatore si riduce ulteriormente a qualcosa meno del 50%. Che però per la sola Gala significa in ogni caso intorno a 200 milioni, che la generalità dei clienti, pur non avendone colpa, si accollerà insieme agli ammanchi sugli oneri lasciati da altri operatori in default. Un fenomeno che in questi anni non ha fatto che crescere, divenendo una vera emergenza (si veda più di recente il caso Innowatio v. Staffetta 11/10/17).
L'altra metà, quella relativa agli oneri di rete non pagati, resterà invece in capo alle società di distribuzione, che – pur mitigata dagli ammortizzatori anti-morosità della tariffa, rialzati di recente – dovranno farsene carico come conseguenza del rischio di impresa.
Bisogna ricordare però che altri ne usciranno invece senza un graffio: sorvolando per ora sulle stesse aziende in default, i cui responsabili è ancora da vedere (se mai si saprà) quanto sconteranno davvero del rischio preso e degli errori fatti, ne usciranno indenni ad esempio i percettori degli oneri di sistema, che vengono tenuti integralmente al riparo da qualunque scossone colpisca il sistema da cui pure dipendono i loro guadagni. Proprietari di impianti solari e eolici, in primis (ma anche Sogin, ricerca di sistema, ferrovie) non è contemplato possano rimetterci alcunché.
Il ragionamento, parrebbe, è che, come a pagare le conseguenza dell'evasione delle tasse è chi le tasse le paga, subendone ulteriori aumenti compensativi, così per gli oneri parafiscali deve compensare eventuali buchi chi per legge è chiamato a pagarli, come contributo alle politiche di sostenibilità ambientale. Ossia, come chiarito dal Consiglio di Stato, i clienti finali. Una logica tuttavia che lascia fuori una differenza fondamentale e difficile da ignorare: che la parafiscalità energetica, a differenza delle tasse, che alimentano welfare e altre infrastrutture di interesse pubblico, contribuisce direttamente anche agli utili di operatori economici, tra cui si contano non solo famiglie ma anche colossi della finanza. Ossia soggetti che il rischio di impresa lo conoscono benissimo e a cui è più che lecito pensare di chiedere di accollarsi almeno una parte di rischio morosità.
Ne usciranno indenni, inoltre, le pubbliche amministrazioni e in testa la centrale di acquisto Consip: che ha bandito una gara centrata sul massimo ribasso, senza chiedere credenziali ai fornitori. Le PA beneficiarie per un bel po' hanno goduto delle offerte scontatissime (e senza paracadute) fatte da Gala e quando questa, principalmente proprio per questo motivo, è infine andata in dissesto, se la sono cavata in gran parte senza conseguenze. Anche questo andrà rimesso al centro del dibattito. Magari ricordando che dell'elenco dei venditori accreditati, strumento previsto dalla Legge Concorrenza - e che se ben realizzato può tenere lontani dal sistema operatori poco credibili - non si hanno più notizie da mesi, perso nei corridoi del Mise.
Troppo facile in conclusione - e questo vale anche per l'analogo meccanismo di socializzazione degli oneri da morosità per i venditori, messo in consultazione dall'Autorità sempre in queste ore - lasciare il fardello prevalentemente sui consumatori corretti. Che della condotta dei morosi sono incolpevoli quanto i venditori, i distributori e i percettori di oneri di sistema, solo che hanno una voce assai più debole.
La soluzione a regime resta probabilmente quella, proposta dall'Autorità e condivisa da molti operatori e dall'Antitrust, della fiscalizzazione degli oneri di sistema, che permetterebbe di inchiodare meglio gli inadempienti alle loro responsabilità (senza danneggiare gli altri). Nelle more però la linea dovrebbe essere quella di una suddivisione più equa del fardello tra tutti i protagonisti, non solo alcuni. Se il panorama del consumerismo italiano fosse meno attento alla politica e ai propri problemi di bottega e più alla sua missione naturale, potrebbe magari farne una battaglia.