Per il sottosegretario allo Sviluppo economico, Antonello Giacomelli, lo Stato deve continuare a incassare la sua fetta di gettito del canone Rai, a dispetto delle proteste della tv pubblica. E con buona pace dei milioni di consumatori elettrici, che in tal modo si trovano a pagare una nuova tassa probabilmente senza neppure saperlo.
Difendendo mercoledì scorso alla Camera la decisione del governo di destinare al bilancio pubblico una quota crescente dell'extragettito, il “padre” della norma sul canone in bolletta ha concentrato l'attenzione sulle inefficienze della Rai, argomentando che finché l'azienda non si impegnerà a superarle, non potrà pretendere quote ulteriori di canone.
Tutto giusto, o quantomeno ragionevole. Se non fosse per un'implicazione paradossale, su cui Giacomelli elegantemente glissa: se ha senso mettere un tetto annuo “efficiente” al gettito da canone cui la Rai ha diritto, questo non autorizza affatto lo Stato a trattenere per sé una sostanziosa quota delle eccedenze, per finalità che nulla hanno a che fare con la ragione per la quale i consumatori sono stati chiamati a pagare.
“Dall'anno prossimo - ha ricordato Giacomelli in un question time alla Commissione Vigilanza Rai - i due terzi dell'extra gettito del canone in bolletta andranno agli obiettivi di finanza pubblica generale” nonostante “le doglianze che vengono fatte filtrare dall'azienda”. Nel primo anno 2016 la ripartizione delle eccedenze era stata 50 e 50.
Il canone, ha rilevato il sottosegretario, non è l'unica fonte a cui la Rai ha accesso, c'è anche la pubblicità, su cui il sottosegretario ha bacchettato la tv pubblica: “se un'azienda si lamentasse di un problema di risorse, e nello stesso tempo, faccio per dire, praticasse uno sconto del quaranta, del cinquanta, del sessanta per cento, sul proprio listino della pubblicità, immagino che risulterebbe poco coerente, oltre a provocare un danno complessivo al mercato. Quindi voglio immaginare naturalmente che non sia così”. Un'altra via per reperire risorse, ha rincarato Giacomelli, dovrà poi essere la razionalizzazione della spesa e “anche qui penso vi siano ampi margini di miglioramento”.
Ora, che la Rai possa essere piena di sprechi e inefficienze non si fa forse fatica a immaginarlo. Però quello che nel ragionamento di Giacomelli non torna è che i soldi del canone sono dei consumatori, non dello Stato, e vanno usati per gli scopi per i quali glieli si è chiesti.
Se si fa una legge per raccogliere il canone in bolletta e il fabbisogno annuo riconosciuto alla Rai per il canone è 100 ma poi il gettito effettivo è 130, quei trenta in più non devono andare allo Stato per le tv locali o il fantomatico fondo per la riduzione della pressione fiscale, ma devono restare in cassa per essere usati l'anno successivo e ridurre il canone pagato nelle bollette in misura corrispondente. Altrimenti, la Staffetta l'ha detto per prima e non ci stancheremo di ripeterlo, è tassazione occulta.
Non basta abbassare il canone da cento a novanta euro, come fatto dal governo per il 2017, trattenendosi però ugualmente una quota (sconosciuta) di extragettito sugli oltre 2 miliardi incassati nel 2016, e pronto a fare altrettanto l'anno prossimo. Sottosegretario Giacomelli, quei soldi dovete restituirli ai consumatori.