Quattro anni fa (v. Staffetta 30/11/12) il settore idrico italiano iniziava un percorso tutto nuovo, sebbene a lungo prospettato e atteso. La pietra miliare era l'avvio della regolazione nazionale indipendente affidata all'allora Autorità per l'energia elettrica e il gas, giunta dopo diverse fibrillazioni nel settore, una riforma incompiuta dal 1994 e un referendum che, seppur fonte di destabilizzazione, aveva fatto scattare una molla: dell'acqua ci si doveva tornare a occupare. Da quattro anni Staffetta Acqua osserva e documenta la lenta ma incisiva trasformazione che da allora ha interessato il servizio idrico, non priva di contraddizioni e incertezze, ancora lontana da un orizzonte di obiettivi del tutto condivisi, frenata oggi come ieri da difficoltà e resistenze che si stenta a superare; ma è un processo vivo, che richiede tempo per dispiegarsi pienamente, pur avendo già condotto a raggiungere alcuni innegabili risultati.
Il servizio idrico integrato dispone oggi di un metodo tariffario unico ed omogeneo, valido su pressoché tutto il territorio nazionale e ispirato al principio di copertura integrale dei costi, che ha restituito una certa fiducia ai finanziatori e dato impulso agli investimenti nel settore. Il valore degli investimenti coperti da tariffa consuntivati nel 2015 (1,5 miliardi di euro) ha superato del 55% quello registrato nel 2012 e gli investimenti programmati per il quadriennio 2014-2017 hanno toccato i 5,8 miliardi di euro. Una quarantina di gestori a servizio di circa 10 milioni di persone, concentrati nel Centro-Nord del Paese, ha persino raddoppiato il valore degli investimenti realizzati tra il 2012 e il 2015. Di fatto, laddove si sono registrati incrementi tariffari più elevati è stata programmata una maggiore spesa per investimenti. Mediamente, la variazione annua delle tariffe è stata del 4,34% nel 2014 e del 4,55% nel 2015, compresi i casi di determinazione d'ufficio e di mancato aggiornamento tariffario; questi ultimi hanno interessato ben 1.835 gestioni su 1.971 totali – per lo più di gestioni in economia, una presenza ancora massiva sul territorio italiano, in particolare nel Mezzogiorno – per una popolazione servita di oltre 9 milioni di abitanti (contro 44 milioni, pari al 75% della popolazione nazionale, interessati da regolari aggiornamenti tariffari). Per le 136 gestioni che hanno visto approvati i relativi schemi regolatori, che assommano l'intero ammontare degli investimenti pianificati per il periodo 2014-2017, gli incrementi tariffari sono stati rispettivamente del 6,47% e del 5,86%.
Questi pochi dati, tratti dalla relazione annuale dell'Autorità presentata nel giugno di quest'anno, contengono già molte indicazioni sui passi avanti sin qui fatti e sulle debolezze intrinseche del settore idrico. Il rinvigorimento degli investimenti cui si è assistito con l'entrata a regime del metodo tariffario, per esempio, è una buona notizia e ispira ottimismo per il futuro. La stessa Autorità avverte però che solo il 21% dei costi ammessi in tariffa attiene a spese per capitale, dato riconducibile a una sottostima del valore delle immobilizzazioni esistenti: una carenza informativa che pregiudica la corretta identificazione e programmazione dei fabbisogni. Altro tasto dolente, la “qualità” degli interventi effettuati: quelli non programmati, legati dunque a riparazioni da eseguire in urgenza, risultano avere un'incidenza preponderante sul totale, in un contesto di vetustà infrastrutturale che richiama invece la necessità di un'inversione di tendenza. Dunque, la spesa per investimenti nel settore idrico e la sua natura restano inadeguate all'effettivo fabbisogno.
Va poi rilevato che l'azione dell'Aeegsi – e non solo sul piano tariffario – stimola le capacità di programmazione e la responsabilizzazione degli Enti di governo d'Ambito, nonché la capacità di tutti i soggetti coinvolti nella regolazione di rispondere a richieste e requisiti complessi evolvendosi di conseguenza (evoluzione “lamarckiana”, l'ha definita il presidente dell'Autorità Guido Bortoni). A indirizzare tale trasformazione si sono aggiunti di recente importanti tasselli della regolazione, dalla qualità contrattuale del servizio idrico integrato alla disciplina della misura, passando per la convenzione tipo e l'unbundling idrico; percorsi tesi a disegnare una disciplina del servizio sempre più uniforme a livello nazionale e a rafforzare le tutele all'utenza. Nuove misure di peso che si attendono dalla regolazione nel futuro concernono la qualità tecnica e la definizione di costi standard.
Tornando alle tariffe, è in corso il primo ciclo di approvazioni per il periodo 2016-2019. Dalla prima delibera di maggio alla fine di settembre hanno avuto il via libera dell'Aeegsi 19 Ato, per un insieme di 1.310 Comuni con 10.846.171 abitanti residenti. Gli esiti di questa nuova tornata di aggiornamenti diranno molto su quanto nei territori si sia assunto un nuovo corso. Nella partita tariffaria si celano infatti molti stretti nodi che la regolazione da sola non può sciogliere: gli assetti gestionali ancora profondamente frammentati; la prudenza e l'ostinazione di porzioni della politica locale (e, conseguentemente, della regolazione locale), restie a riconoscere fattivamente le esigenze di consolidamento gestionale e di azionamento della leva tariffaria, entrambe talvolta sacrificate a logiche di “sovranità” e consenso; le carenze di governance che si riflettono significativamente nel grado di sviluppo territoriale del settore; intimamente legata a tutto ciò, la doppia velocità del Paese, che vede il Meridione arrancare nel perseguimento di obiettivi di sviluppo industriale del settore idrico, nell'ottemperanza agli obblighi normativi e regolatori e, dunque, anche nella capacità di realizzazione di quelle opere infrastrutturali indispensabili per risolvere le problematiche ambientali all'origine delle procedure d'infrazione che ne interessano diffusamente il territorio.
Osservando il settore in questi anni, Staffetta Acqua ha potuto fotografare tutta la fatica a colmare il gap infrastrutturale accumulato nel tempo in un'Italia che ha sempre meno risorse pubbliche da trasferire al settore idrico e che stenta a spenderle bene e rapidamente anche lì dove negli ultimi anni sono ancora fluite; affannoso, dunque, anche il processo di superamento del contenzioso comunitario che ha portato 932 agglomerati italiani sotto la lente dell'Unione europea per i deficit registrati nei servizi di fognatura e depurazione, buona parte dei quali potrà essere sanata solo nel corso di anni e con ingenti costi (da sommare alle sanzioni che potranno far seguito alle due sentenze di condanna già emesse dalla Corte di giustizia dell'Ue). Non può sfuggire, inoltre, come anche il servizio di distribuzione di acqua potabile non sia esente da criticità, come la dispersione del 37% dell'acqua immessa in rete a livello nazionale, le irregolarità nell'erogazione lamentate da oltre il 9% delle famiglie italiane e la scarsa fiducia di un buon 30% di esse nella qualità dell'acqua che sgorga dai propri rubinetti (problemi che ancora una volta attanagliano soprattutto il Sud Italia).
Dietro spinta del legislatore e con il contributo del regolatore, si è messo in moto un processo teso a infondere una strutturale razionalità al settore idrico, mettendolo in condizione di superare le difficoltà di cui si è fatto cenno. Un percorso invero non fluidissimo e predisposto ancora solo parzialmente, che ha per sfondo una successione di innovazioni e riordini della normativa di settore (decreto “Sblocca Italia”, legge di Stabilità 2015, Collegato ambientale, riforma Madia e ora l'esaminando ddl “Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque”). Gli obiettivi sono regole più chiare e cogenti, crescita dimensionale e riduzione del numero delle gestioni, perseguendo una struttura del settore pienamente industriale, efficiente, capace di attrarre più agevolmente risorse finanziarie. Precondizioni per uno slancio degli investimenti, dello sviluppo tecnologico e della qualità del servizio, con le annesse ricadute economiche e occupazionali. Il successo di questa stagione di riforma dipenderà in larga parte dal grado di armonia d'intenti e/o di efficacia sia persuasiva che dissuasiva con cui ne saranno implementati i capisaldi, senza trascurare la primaria esigenza di far coesistere nel servizio idrico sviluppo industriale e giustizia sociale.