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Diagnosi energetica nelle imprese: tempi stretti e novità

Focus efficienza energetica industriale

Il Ministero dello Sviluppo economico ha pubblicato nei giorni scorsi un documento di chiarimenti sugli obblighi di diagnosi energetica per grandi imprese e imprese energivore ex art. 8 del Dlgs 102/14. Tuttavia a dispetto dell'esigenza di una diversa tempistica emersa nel corso dei tavoli di lavoro, il Ministero ha confermato la scadenza improrogabile del 5 dicembre 2015. Un termine molto stretto, considerato l'elevato numero di imprese coinvolte, che rischia di mortificare le potenzialità di sviluppo che l'adempimento porta con sé. E' quanto emerge dal contributo che segue, il primo della serie “Focus Efficienza Energetica Industriale”*

Il Ministero dello Sviluppo economico ha pubblicato sul proprio sito il tanto atteso documento “Chiarimenti in materia di diagnosi energetica nelle imprese ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo n.102 del 2014”, che si propone di definire al meglio le disposizioni relative all'obbligo di diagnosi energetica per le grandi imprese e le imprese energivore.

Nel documento, predisposto con il supporto tecnico di ENEA a valle di numerosi incontri con le principali associazioni di categoria del settore, si segnalano però alcune differenze sostanziali rispetto a quanto emerso durante tali incontri, la principale delle quali è la conferma della data del 5 dicembre 2015 come scadenza improrogabile per la presentazione delle diagnosi.

Per superare la rigidità di tale data, fissata già nella Direttiva 27 del 2012 e confermata nel recepimento italiano, durante i tavoli tecnici sopra citati era stato previsto un meccanismo che avrebbe consentito alle imprese multisito di adempiere agli obblighi di diagnosi entro il 2015 per il solo 20 per cento dei siti soggetti a diagnosi, con il restante 80 per cento entro il 5 dicembre 2016. La cancellazione di questa possibilità, dettata con tutta probabilità dalla necessità di adeguarsi alle scadenze imposte da Bruxelles per non incorrere in procedure di infrazione, significa che in poco meno di sei mesi migliaia di imprese italiane dovranno rispettare un adempimento oneroso che difficilmente potrà trasformarsi in un'opportunità di

sviluppo, di consapevolezza e di investimento in efficienza energetica, vero obiettivo della Direttiva stessa.

Anzi, così concepito, è verosimile che un obbligo imposto con questa cadenza non aiuterà le imprese multisito a strutturare un percorso di crescita produttivo, come invece avrebbe potuto fare la possibilità di gestire nel corso del quadriennio l'adempimento nei vari siti oggetto di diagnosi.

Inoltre, non sarà certamente facile l'individuazione dei soggetti obbligati alla diagnosi. In particolare, nel documento del MiSE è specificato che, coerentemente con quanto disposto a livello comunitario, “grandi imprese” sono definite le imprese che, per due anni consecutivi precedenti l'anno d'obbligo, hanno più di 250 dipendenti oppure che presentano un fatturato annuo superiore a 50 milioni di euro e un totale di bilancio annuo superiore a 43 milioni di euro, mentre “imprese energivore” sono le imprese iscritte nell'elenco annuale istituito presso la Cassa Conguaglio per il Settore Elettrico che hanno ottenuto il beneficio energivori l'anno prima dell'anno d'obbligo della diagnosi. Tuttavia, per determinare se si è soggetti all'obbligo o meno, bisognerà anche considerare eventuali imprese associate e collegate,

applicando coefficienti variabili a seconda dei rapporti: in questo modo, anche PMI collegate tra loro potrebbero superare le soglie per cui l'impresa si configura come grande azienda. Resta inteso però che l'obbligo non si applica alle Amministrazioni Pubbliche.

Nel documento di chiarimenti è confermata la possibilità, per le imprese multisito, di applicare la metodologia di campionamento individuata da ENEA e sottoporre a diagnosi solo un numero di siti limitato ma sufficientemente rappresentativo dell'impresa. La novità è che sarà eventualmente possibile proporre un'altra metodologia di campionamento, che dovrà però essere approvata dalla stessa ENEA.

Ulteriore novità del documento, le imprese che hanno adottato un sistema di gestione conforme alle norme ISO 50001, ISO 14001 o EMAS, e che secondo il Decreto sono escluse dall'obbligo di diagnosi energetica perché già prevista da queste certificazioni, dovranno comunque comunicare ad Enea l'esito della diagnosi condotta nell'ambito del sistema di gestione, per valutarne la coerenza con quanto disposto: infatti tutte le diagnosi, che a partire dal 19 luglio 2016 potranno essere condotte solo da soggetti (E.S.Co. ed EGE) in possesso di certificazione rilasciata sotto accreditamento, dovranno essere conformi ai criteri minimi contenuti nelle norme tecniche UNI CEI EN 16427-1,2,3,4, pena le sanzioni di cui all'articolo 16 del Decreto.

A proposito di queste ultime, il MiSE chiarisce definitivamente che si applicano all'impresa e non al sito produttivo: tuttavia stabilisce che la sanzione non esime l'impresa dall'effettuazione della diagnosi, che deve poi essere presentata ad ENEA entro sei mesi dalla sanzione stessa.

Come risulta evidente da quanto emerso, le difficoltà per chi si trova a dover adempiere ai dettami del D.Lgs. 102/2014 sono ancora tante mentre il tempo a disposizione è sempre meno. Il documento ministeriale risolve molti dubbi, ma lascia anche alcune zone d'ombra che si spera saranno chiarite nelle successive revisioni previste nel corso dei prossimi mesi, alla luce di quanto potrà emergere nell'attuazione delle disposizioni del Decreto.

A breve sarà anche messo online il portale informatico ideato da ENEA per l'invio delle diagnosi, senza il quale non si potrà dare il via definitivo ad un'attività che, secondo le ultime analisi, potrebbe coinvolgere oltre 60.000 siti. Perdere un'opportunità di questo genere, che permetterebbe una definizione dei margini di miglioramento negli usi energetici di buona parte del comparto industriale italiano, sarebbe un imperdonabile spreco per un Paese spesso in ritardo competitivo proprio per i costi dell'energia elevati rispetto al resto dell'Unione.




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