Imprese o lavoratori? Ma anche: consumatori industriali o famiglie? Data l'esiguità delle risorse, a giudizio di molti in questi giorni il governo avrebbe fatto meglio a scegliere: destinare il taglio del cuneo fiscale tutto ai datori di lavoro o tutto ai dipendenti. Accontentare tutti, oggi più che mai, non è possibile. E la cosa a ben guardare vale anche per un altro “grande” tema, quello dei costi dell'energia .
Nei ricorrenti proclami sul taglio delle bollette ciò che continua ostinatamente a latitare è un'idea chiara su quali categorie debbano beneficiarne. Una scelta che su alcuni nodi, come quello rovente degli oneri di sistema, è impossibile eludere.
Invece, nelle decisioni dei policy maker, oggi come ieri, la lancetta oscilla incessantemente: una volta le grandi industrie, un'altra le Pmi, un'altra ancora le famiglie. Ogni scelta disfa la precedente. Oppure manca il bersaglio perché all'ultimo la mano trema. Per limitarsi ai casi più recenti, si pensi alla rimodulazione di accise e oneri di sistema a favore delle industrie energivore di cui al Dl 83/12. L'obiettivo era (è) ridurre i costi delle imprese con forte incidenza della bolletta elettrica sui ricavi. E fin qui tutto chiaro. Ma quali imprese esattamente e a scapito di quali altre categorie?
Con la prima “versione Passera” si è capito ad esempio che 1) energivore o no, lo sgravio non si applica sotto una certa soglia di consumi. Fuori, quindi, molte Pmi. 2) Numerosi benefici, già in vigore per le imprese “non proprio energivore” e che dovevano quindi essere rimossi, restano validi. 3) Le soglie di incidenza della bolletta sui ricavi sono talmente basse da tenere dentro anche grandi società del terziario che di energivoro non hanno nulla. Il tutto creando un onere elevato a carico dei piccoli consumatori – ingiustamente penalizzati secondo l'Autorità, che per qualche tempo ha ritardato l'attuazione per sollecitare un correttivo.
Risultato: con la seconda “versione Zanonato” l'onere complessivo per i “piccoli” viene ridotto limitando l'applicazione degli sgravi ai soli settori manifatturieri. Poco prima col Dl fare lo stesso ministro prometteva inoltre uno sconto sulle bollette da qualche centinaio di milioni. Dunque la priorità ora sono le famiglie? Anche no, in realtà. Almeno se si pensa che ancora Zanonato da due mesi annuncia un “tagliabollette” con bond, principalmente a beneficio delle imprese e i cui oneri graveranno primariamente sui domestici.
Ora il punto, almeno a parere di chi scrive, non è che una delle due impostazioni – “prima le imprese” o “prima le famiglie” – sia sbagliata in sé. Il problema è piuttosto che in queste scelte non si vede impostazione alcuna. Prima di promettere riduzioni dei costi non sarebbe il caso di chiarire, prima con se stessi e poi ai cittadini, a favore di chi, in che misura e perché?
Ci sono ottime ragioni per privilegiare ognuna delle categorie citate: la grande industria, per la storica rilevanza del manifatturiero nel Pil italiano. La recessione e il gap energetico con gli Usa possono giustificare, checché se ne dica, un'attenzione speciale al settore – come non mancano mai di ricordare le associazioni di settore, da Aicep, a Gas Intensive, al Tavolo della Domanda.
Nel contempo, se una cosa emerge chiaramente dalle comparazioni tra prezzi energetici Italia/Ue presentate in questi giorni al Senato da Rse, Assoelettrica e Energia Concorrente è che la categoria che oggi paga di più in Italia l'elettricità sono le Pmi. Che per di più rappresentano di gran lunga il modello d'impresa maggioritario nel Paese (di giovedì l'ultimo allarme di Rete Imprese Italia).
Infine, se comprensibilmente il mantra di questi anni è “far ripartire i consumi”, difficile negare che restituire qualche euro alle famiglie aiuterebbe.
Ci sono naturalmente anche gli argomenti contrari. Il punto però è che bisogna scegliere. Se si vuole sostenere l'industria si abbia il coraggio di dirlo. La Germania per esempio tiene bassi i prezzi dell'industria a scapito delle famiglie. Se invece la priorità sono queste ultime lo si dica con uguale chiarezza. In questi anni invece l'Italia si è avvitata su strumenti bizantini, opachi, oggi addirittura contestati dagli stessi soggetti che li avevano chiesti, come lo stoccaggio virtuale e gli interconnector. Giovedì abbiamo incassato un'ennesima condanna della Corte Ue su Alcoa. Tutto mentre la Francia addirittura mantiene i prezzi amministrati. E' vero che a Bruxelles Roma conta meno di Parigi e Berlino. Ma questo è parte del problema. Davvero non si può fare di meglio?