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I veri ostacoli alle rinnovabili

Coinvolgimento dei territori, risorse della PA, qualità dei progetti. Non ci sono scorciatoie

Il dibattito sulle rinnovabili rischia di avvitarsi su slogan e proclami. Vista l'urgenza della questione e vista la complessità del compito, è importante invece mantenere chiari e saldi i punti di riferimento. In settimana il nodo è stato affrontato a livello istituzionale in Parlamento e in Conferenza Unificata, e poi al convegno di presentazione del rapporto Irex di Althesys.

Due i temi principali, strettamente connessi fra loro: le aree idonee per eolico e fotovoltaico e gli iter di autorizzazione. Quanto alle aree idonee, i nodi stanno venendo al pettine. Entro il 15 giugno il ministero della Transizione ecologica deve emanare il decreto che detta alle Regioni i criteri per la definizione delle aree idonee, dove le procedure saranno più snelle. Il testo è stato inviato ai ministeri concertanti, Cultura e Politiche agricole, e dovrà essere sottoposto alla Conferenza delle Regioni.

Nel frattempo però il DL Aiuti, su cui in settimana sono iniziate le audizioni in Parlamento, sembra sorpassare a destra la questione, definendo idonee sostanzialmente tutte le aree non tutelate. Un intervento che ha suscitato la risposta dura e contrariata da parte delle Regioni che, ascoltate in Parlamento proprio sul provvedimento, hanno richiamato i “prìncipi di leale collaborazione istituzionale, previsti dalla Costituzione”. Sul tema, in settimana, i ministri Gelmini e Cingolani hanno reso un'informativa proprio alla Conferenza delle Regioni. Un confronto dovuto da tempo: il rapporto politico con le Regioni è la priorità, e non può essere affrontato solo a suon di semplificazioni e poteri sostitutivi.

L'altro corno della questione riguarda gli iter di autorizzazione e il lavoro del Mite. Su questo vale la pena riportare quanto ha detto ieri Massimiliano Atelli in chiusura del convegno Althesys. È importante, ha detto, “non disperdere la discussione su sotto-distinzioni tassonomiche e lessicali sul fatto se i dossier siano stati processati o autorizzati”. Un riferimento probabilmente alle polemiche sui numeri indicati dallo stesso Atelli sui giornali e dal ministro Cingolani in Parlamento sui MW autorizzati dal Mite nel 2022 (v. Staffetta 09/05). Numeri che la Staffetta monitora regolarmente e su cui quindi sembra finalmente esserci accordo (v. Staffetta 16/05). Bene.

Atelli ha poi sottolineato le poche risorse a disposizione, con 40 persone alla Commissione Via Vas e anche meno alla Commissione Pniec Pnrr, dicendo che serve un “potenziamento delle strutture organizzative del permitting”. Per questo servono soldi e in questo senso “è utile domandarsi – ha specificato – se l'intero ammontare delle tariffe che i proponenti versano per le istruttorie finisca a destinazione per finanziare le attività del Mite per il servizio richiesto. Non è una domanda oziosa”, ha chiosato, riferendosi al fatto che le tariffe non vengono incassate direttamente dal Mite ma passano per il Mef. Tariffe che non sono affatto economiche: la 7Seas, ad esempio, ha versato qualcosa come 700mila euro per l'istruttoria relativa a un progetto eolico offshore del valore di 1,1 miliardi di euro. Progetto finanziato da Eni e Cdp, presentato in febbraio per la Via e che tre mesi dopo non è ancora stato pubblicato sul portale. A quanto pare non è ancora stata completata la verifica istruttoria perché è stato introdotto un nuovo sistema di trasmissione dei documenti ma i proponenti non sono stati avvisati. Tre mesi di tempo trascorsi senza progressi per un problema di comunicazione apparentemente banale.

Ma la questione riguarda anche la qualità dei progetti. Sullo slogan (caro soprattutto agli ambientalisti ma non solo) dei 160-200 GW di progetti che sarebbero pronti e fermi in attesa di autorizzazione, Atelli ha detto una cosa significativa: soprattutto per l'eolico, ma anche per il fotovoltaico, la concentrazione della risorsa (vento e sole) in punti particolari del territorio “comporta la concentrazione delle domande e dei progetti tutti sulla stessa mattonella”. Per cui è ovvio che la gran parte non sarà autorizzata. “Dobbiamo prendere le distanze – ha detto – da tentazioni semplificatrici”. Alleluia. Senza contare che i progetti sono spesso incompleti su aspetti che dovrebbero essere arcinoti. Mentre nel capitolo del rapporto con gli enti locali rientra anche quella che Atelli ha chiamato “la cultura della richiesta da parte dei Comuni” su cui, ha detto, servirebbe “una discussione pubblica” perché gli enti locali “spesso fanno ancora richieste curiose o stravaganti, come panchine per la piazza centrale o l'ennesima pista ciclabile” e “sembrano scollegati dalla traiettoria della transizione”.

Ora, messi insieme tutti questi elementi, si possono trarre alcune conclusioni. Dare i numeri corretti su come procedono i lavori e su cosa è stato autorizzato e cosa no (specie se lo si fa in Parlamento) non significa discutere del sesso degli angeli ma verificare se gli strumenti funzionano. E a quanto pare non funzionano, o almeno non abbastanza. D'altro canto, diverse Regioni stanno facendo il proprio lavoro, autorizzando una mole di progetti senza precedenti. Tenerle a bordo, coinvolgerle nel compito immane della transizione non è solo bon ton istituzionale ma questione politica centrale e ineludibile.

Anche perché – e questo forse è il punto cruciale – il passaggio alle rinnovabili è un cambio di paradigma che ha al centro proprio il territorio. Ha poco senso discutere astrattamente di quanto spazio (poco o tanto) serve per fare il fotovoltaico che dobbiamo fare, o discutere astrattamente di GW di progetti senza dire dove e come. Il punto è che serve comunque molto più spazio di quanto ne serviva con una centrale a gas, a carbone o nucleare. E che le maggiori risorse sono per lo più lontane dai centri di consumo. Questo richiede necessariamente un coinvolgimento pieno dei territori. Forse questa cosa non è stata ancora spiegata e recepita in tutta la sua portata. E questo compito di coinvolgimento spetta sì al governo e alle istituzioni ma anche, forse soprattutto, alle aziende che propongono i progetti e alle associazioni che le rappresentano. Scorciatoie non ce ne sono.



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