Prezzi del greggio troppo bassi nuocciono gravemente ai Paesi produttori, soprattutto a quelli più poveri, quelli che hanno diversificato meno le loro economie e che magari hanno costi di produzione più alti. In Iran, secondo le stime del Fondo monetario internazionale, il pareggio di bilancio si basa su un prezzo del greggio di 195 dollari; in Libia siamo a 100 dollari; in Iraq a 60; in Arabia Saudita a 46; in Azerbaigian sopra i 50. E anche la Russia non può certo dormire sugli allori. Oggi il Financial Times ricorda che le vendite di idrocarburi rappresentano il 40% delle entrate statali e che il bilancio del Cremlino è in equilibrio con il barile a 40 dollari. Già a 35 si genera un deficit di 40 miliardi di dollari. La Nigeria conta sul petrolio per oltre metà delle proprie entrate. Per non parlare del Sudamerica, dal Venezuela all'Argentina, fino a Brasile e Messico. Quanto può scendere il prezzo del greggio prima che questi squilibri si trasformino in una riduzione della spesa pubblica e quindi in tensioni sociali e politiche – a livello nazionale e internazionale?