Per disaccoppiamento tra elettricità e fonti fossili, di cui si è tornati a parlare con la pubblicazione del Rapporto Draghi (v. Staffetta 10/09), si possono in realtà intendere cose molto diverse. Nell'articolo che segue Guido Bortoni* e Federico Gallo** distinguono tra la pretesa illusoria di isolare rinnovabili da fossili nella formazione del prezzo sui mercati del giorno prima, ribattezzata “iato” dagli autori, e il decoupling propriamente detto, ossia la separazione delle remunerazioni (non del prezzo) delle diverse tecnologie perseguita attraverso lo sviluppo, già in atto ancorché ancora limitato, di forme di contrattualizzazione a lungo termine come Ppa e Cfd.
La parola “iato” ricompresa nel titolo non turbi nessuno quanto alla sua novità nel gergo energetico. Si vuole parlare di iato di prezzo nell'ambito del super-inflazionato tema del decoupling o disarticolazione del prezzo dell'elettricità. Disarticolazione che vorrebbe procedere a frammentare un valore economico unico dell'energia originato da uno specifico mercato in due diverse componenti di prezzo: quella legata alle fonti rinnovabili caratterizzate dal basso costo variabile (solare, eolico ed idroelettrico) da un lato e quella rappresentativa delle rimanenti produzioni elettriche, in particolare a gas naturale, dall'altro. Da qui il significato di frattura intrinseca rappresentato nello i-a-to, ma, restando nella metafora, anche dalla pronuncia vocalmente distintiva e quasi onomatopeica.
Non vi è dubbio che l'argomento iato di prezzo sia alquanto suggestivo e di grande momento nella circostanza odierna del mercato elettrico italiano per due ordini di motivi. In primis, rileva il fatto che, in termini di volumi annui, le vendite delle fonti rinnovabili elettriche hanno circa pareggiato quelle delle produzioni a gas, entrambe attestate intorno al 40% del totale delle vendite di energia prodotta nel Paese e ceduta nel mercato a pronti del giorno prima (MGP). Dunque, anche intuitivamente, con lo iato dell'MGP saremmo in presenza di due sub-prezzi del kWh per se particolarmente significativi e di pari rappresentatività, pur essendo oggi il prezzo unico di MGP fissato dalle fonti marginali, cioè da quelle a gas per oltre i 2/3 delle ore annue. In secondo luogo, grazie alla condizione favorevole dell'LCOE (Levelized Cost of Energy) delle fonti rinnovabili molto più basso e stabile rispetto a quello delle produzioni a gas, con lo iato potremmo avere l'emersione di un sub-prezzo “rinnovabili” cui agganciare forniture di kWh a buon mercato per i clienti finali. Ovvero, in subordine, ridefinire il prezzo delle forniture derivanti dal MGP dotato di iato come la media ponderata per i volumi dei due sub-prezzi, sicuramente migliorativa per il consumatore rispetto al prezzo marginale a gas puro e semplice.
Tuttavia, la narrativa appena illustrata – da cui, sia chiaro, dissentiamo – fa acqua in molte parti ed appare illusoria proprio per il consumatore finale.
Primo problema: perché è erroneo disaggregare in componenti il prezzo di MGP in quanto questo rappresenta il valore che il kWh ha, indistintamente dalle fonti diverse – rinnovabili o fossili che siano – che hanno contribuito a renderlo disponibile, in un certo momento ed in un dato punto della rete elettrica. Sarebbe come riclassificare artatamente un valore economico secondo criteri convenzionali non corrispondenti agli economics di valore.
Seconda criticità: perché è inopportuno immaginare l'MGP italiano difforme ed isolato dagli altri sistemi elettrici del mercato interno dell'energia europeo, uniti sotto il c.d. market coupling europeo. Separarsi dalla condivisione delle risorse con gli altri Paesi europei interconnessi porterebbe ad un rialzo del prezzo dell'elettricità in Italia, penalizzando proprio il cliente finale.
Terzo e più rilevante nodo: perché, anche in presenza della media ponderata dei due sub-prezzi post-iato, è vano sperare in una diminuzione del prezzo medio in uscita dall'MGP, quindi a sconto sulle forniture per i clienti finali. Questa facile previsione è suffragata da tutti i lavori fatti nel 2009 in occasione del dibattito sull'introduzione della regola del c.d. Pay-as-Bid ricorrente nell'MGP in sostituzione del System Marginal Price (SMP) ricorrente ancora oggi in vigore nel nostro MGP. In sintesi, si valutò allora che il comportamento in offerta dei produttori sarebbe variato in ragione del cambiamento di regola di formazione del prezzo tendendo a raggiungere comunque i prezzi dell'offerta marginale o più costosa. Analogamente, oggi con il sistema dei 2 sub-prezzi, si registrerebbe una inevitabile convergenza tra i due, volta ad annullare proprio lo iato.
Dunque, continuando nella metafora della pronuncia, lo iato di prezzo in MGP sarebbe presto destinato a diventare dittongo, cioè una tendenziale fusione dei due sub-prezzi in uno, tesa ad esprimere ancora una volta il prezzo fissato dalla fonte marginale più costosa: cioè SMP.
Qualcuno potrebbe immaginare di introdurre uno iato di prezzo per poi esercitare azioni più o meno cogenti, inclusa la moral suasion o la gogna reputazionale nei riguardi delle fonti rinnovabili, per poter avere uno spread di prezzi significativo sino ad applicare rigidi tetti alle offerte delle rinnovabili. Ma tutto questo armamentario di proposte è già stato analizzato in varie sedi, da ultimo dall'Unione europea negli anni recenti, che nella riforma del mercato elettrico 2024 ha confermato l'SMP come minor male nei mercati a pronti. Nell'articolo sulla Staffetta del 21 dicembre 2021 “Pay as bid ricorsivo ovvero l'abito fa il monaco” (v. Staffetta 21/12/21) già si concludeva “Sulla superiorità di SMP, la miglior risposta … sarebbe quella mutuata dalla visione di Churchill sulla democrazia … come peggior forma di governo eccezion fatta per tutte le altre finora conosciute.”
Pur lasciando lo iato alla sua irrilevanza nei mercati a breve, chiediamoci: il decoupling delle remunerazioni è proprio irrealizzabile? Siamo destinati a non trasferire al cliente finale, anche anticipatamente, i benefici di costo calante delle fonti rinnovabili elettriche (considerando solo i costi dell'energia e non quelli di sistema)? Certo che no, anzi! Il decoupling già esiste sebbene sia poco popolato, almeno in Italia. Ma non è cosa da mercati a pronti bensì da contratti e mercati a termine e, con riferimento alle rinnovabili, sia di tipo privatistico (PPA) che pubblicistico (CfD modello FER-X per l'Italia).
Questa contrattualistica è l'unica via per disaccoppiare forniture a contenuto rinnovabile e con profili di prezzo non afflitti dal livello e dalla alta volatilità di prezzo che, invece, è corretto si affermino in MGP facendo emergere il c.d. segnale di prezzo.
Tuttavia, soprattutto per quanto riguarda i contratti a termine tra controparti private, tanti sono ancora gli ostacoli che devono essere superati per stimolarne la maggiore diffusione nel nostro mercato e che rendono complessa la sottoscrizione, specialmente per gli operatori più piccoli. Passi in avanti si potrebbero fare innanzitutto per ridurre la loro complessità, ad esempio tramite la standardizzazione contrattuale, ma anche mettendo in campo altre facilitazioni quali garanzie pubbliche per il rischio di controparte che hanno reso possibile ampliare la base degli offtaker e rendere il mercato dei PPA molto più liquido in Paesi quali la Spagna o la Norvegia. Parallelamente, i contratti di matrice pubblica dovrebbero essere strutturati in modo da garantire che gli operatori di mercato mantengano incentivi adeguati per partecipare in maniera ottimale ed efficiente al sistema dei mercati all'ingrosso. I contratti italiani stile FER-X hanno in sé meccanismi di efficienza anche di breve termine, i quali fanno dell'Italia il Paese antesignano della riforma dei mercati europei.
Pertanto, il vero punto verte sulla liquidità e sui volumi di tali strumenti, non già sulla loro fattibilità, poiché – come già ribadito – questi contratti sono già presenti al giorno d'oggi nel mercato.
Nel mentre, anche dalla lettura del Rapporto sul futuro della competitività europea – Parte B Energia, sembra che il presidente Mario Draghi condivida la nostra visione, ponendo le fondamenta per disaccoppiare la remunerazione (e non il prezzo, si noti bene) delle fonti rinnovabili da quelle fossili nel lungo termine proprio utilizzando i due strumenti sopra citati. Allo stesso tempo ci sembra incoraggiante la conferma contestuale del ruolo del SMP per garantire l'equilibrio efficiente del sistema energetico nei mercati a pronti; il che - ci permettiamo di aggiungere - è particolarmente vero nel caso italiano, in cui il mercato spot è molto vicino alla realtà fisica ed il SMP garantisce il dispacciamento delle risorse di generazione più efficiente possibile ed anche il miglior uso della capacità transfrontaliera.
Questa, almeno, è la lettura che ci sentiamo di dare alle proposte del Rapporto dedicate all'energia applicate al mercato italiano. Ma ben vengano ulteriori dialettiche sul merito.
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* Esperto di energia, già presidente di Arera e capo dipartimento Energia dell'allora ministero dello Sviluppo economico
** Esperto di energia, senior consultant