“Bene ha fatto l'Autorità per l'energia ad avvisare dei rischi di salvare Alitalia con le bollette”. E' il caso di prendere in prestito un'ormai celebre frase di Luigi Di Maio (su altro tema) per commentare l'allarme suonato ieri dal Regolatore sulla scelta del Governo di pescare dai conti della Cassa per i servizi energetici (Csea), alimentati dalle bollette degli italiani per altre finalità, 650 milioni per il rimborso del finanziamento dello Stato alla compagnia aerea (v. Staffetta 29/05). Un altolà, quello dell'Arera, a un prestito forzato e senza garanzie di restituzione, a cui si sono unite in queste ore Elettricità Futura, Energia Libera, Utilitalia e Aiget oltre che alcune associazioni di consumatori. Un nuovo no alla pratica della bolletta bancomat, con cui per la verità l'Italia ha già una certa familiarità, e multipartisan, come ricorda la stessa Autorità. Nel 2004 e 2005 il ministro di centrodestra Giulio Tremonti introdusse un prelievo dalle bollette destinato all'erario di 135 milioni all'anno, che nessun governo successivo ha mai voluto cancellare. In tempi più recenti il governo di larghe intese del Pd Matteo Renzi prima ha introdotto il Canone Rai in bolletta lasciando allo Stato gran parte delle eccedenze di gettito, poi ha prelevato 300 mln per il taglio dell'Imu nel 2013, infine si è fatto prestare 400 milioni per l'Ilva nel 2016, poi restituiti, e altri 100 milioni all'anno vengo prelevati dal 2017 in avanti. L'esecutivo gialloverde fa ora un nuovo salto di qualità: dopo aver ripetuto per Alitalia l'operazione prestito, stavolta per 900 mln a inizio 2019, ora vuole prelevarne 650 e senza dare una chiara indicazione né sul quando li restituirà né che l'operazione non diventerà periodica. Timore invece perfettamente fondato, visto che risorse alternative, più che mai col genere di manovra che si profila per fine anno, non se ne vedono molte così come soluzioni ai guai della compagnia. Così dove il debito ordinario non può arrivare, la bolletta del cambiamento mette in pista il debito elettrico.